Le azioni d’oltralpe sulla transizione ecologica

Mentre l’attualità di questo inizio 2021, punta i riflettori sugli ingenti investimenti e sovvenzioni riguardo la “transizione ecologica”acclamata dagli stati europei come grande ripartenza dalla crisi pandemia, è interessante volgere lo sguardo Oltralpe, e seguire come evolvono in scenari francesi gli stessi temi affrontati in Italia.

Perché se in Italia questo cambio di paradigma rispetto la visione antecedente di ambiente e sostenibilità sembra dirigersi verso approcci complessi, tecnicistici e industriali (rinnovabili, decarbonizzazione, mobilità elettrica), in Francia l’affermazione di circolarità si avvia su altre linee. Il Ministero, anche in Francia dal 2020 Ministère de la Transition Ecologique e Solidaire (e non più per l’Ambiente), si intreccia con le priorità dell’economia ma afferma nei suoi recenti provvedimenti la necessità di includere il cittadino e i territori all’interno del progetto di transizione.

Gli obbiettivi della legge loi n°2020-105 (Antigaspillage pour une Economie Circulaire, AGEC), legge antispreco per un economia circolare del 2 Febbraio 2020, sono chiari e si determinano attraverso poche righe dell’avant-propos, le proposte antecedenti il testo: la transizione verso un’economia circolare ci farà ridurre la produzione di rifiuti, renderà possibile l’aumento della produttività della materia nell’economia, permette la non delocalizzazione del lavoro a livello locale. Tra le prime righe quindi, trapelano i veri, reali principi cardine del concetto di circolarità dell’economia: autonomia e resilienza dei territori, proposizione concreta di un piano di riduzione della produzione dei rifiuti alla fonte, maggiore efficienza nella produzione e nello smaltimento dei rifiuti, oggi generatori di forti esternalità negative. Si accelerano così i cambiamenti di modelli di produzione e consumo al fine di ridurre i rifiuti e preservare le risorse naturali, la biodiversità e il clima.

Nello specifico, i provvedimenti sono suddivisi in cinque macro temi tenuti insieme dalla coerenza del concetto di circolarità e prossimità delle azioni:

  1. Eliminare la plastica “usa e getta”. Come obbiettivo principale la fine dell’immissione sul mercato di imballaggi monouso entro il 2040 attraverso: obbligo di stoviglie riutilizzabili per tutte le consumazioni sul posto; divieto su prodotti, imballaggi e sacchetti della menzione “biodegradabile” e di tutte definizioni similari visto il “non essere oggetto di alcun consenso scientifico”; divieto di introduzione nel mercato di bustine di thé in plastica che contengono le foglie; divieto di giochi in plastica offerti nel commercio. E inoltre previsto, sempre a partire dal 1/1/2022, per tutte le strutture che ricevono pubblico ( stazioni, biblioteche, scuole, università, ospedali, ecc…) di attrezzarsi di fontane d’acqua al fine di ridurre significativamente la produzione di rifiuti alla fonte. Stesso termine per l’obbligo d’installazione in piccoli e grandi supermercati di bidoni selettivi di cernita degli imballaggi al termine del checkout per i rifiuti di imballaggio provenienti da prodotti acquistati nello stabilimento. Questi punti di raccolta permetteranno ai clienti di liberarsene non appena lasceranno le casse, di affidare il riciclaggio ai distributori e quindi di inviare un segnale molto forte a produttori e distributori sulla loro futilità lasciando loro l’onere del loro smaltimento.
  2. Meglio informare i consumatori. La trasformazione ecologica del modello economico e sociale necessita di un cambiamento di comportamento dei consumatori che trova fondamento in una migliore informazione. Per lo stesso principio, è quindi imposto, tra i tanti, di mettere a disposizione del pubblico delle informazioni su prodotti contenenti perturbatori endocriniani.
  3. Lottare contro lo spreco e per un “réemploi”, riutilizzo solidale. Non limitandosi allo spreco alimentare, questo binomio spreco-solidarietà si afferma tr a l’altro attraverso: un fondo per il riutilizzo di 50M€, a cadenza annuale ; il divieto di distruzione dei non venduti non alimentari ; la possibilità di una vendita di medicinali all’unità.
  4. Agire contro l’obsolescenza programmata: ideare un accesso più semplice per ogni pezzo sostituibile; messa a punto di un indice di riparabilità dei prodotto mirando a fare di un prodotto riparabile o non un criterio di scelta per il consumatore perché, come dichiarato dalla legge, cito, “allungare la durata di vita di un prodotto, permette di ridurre l’estrazione della materia prima e di conseguenza la produzione di rifiuti dovuta a prodotti a obsolescenza troppo rapida”. Che in una società consumistica, aggiungerei, diventa una bomba ad orologeria della quale troppo poco ci si è occupati.
  5. Produrre meglio. Che come macro tema induce già a grandi riflessioni. Ma le nuove filiere di produzione, sotto il principio “chi inquina paga”, si possono incoraggiare al fine di ridurre le esternalità negative. ( Lo Stato francese conta in effetti che ammontano a  500 milioni di euro i costi assunti dalla collettività e che ora vengono trasferiti agli attori economici responsabili della immissione nel mercato di rifiuti che invece saranno incitati a concepire meglio il proprio prodotto).

Resta da rilevare che, a un anno dall’emanazione, ancora molte di queste disposizione di legge necessitano l’adozione di decreti o di ordinanze per essere totalmente operazionali. In effetti, a settembre 2020, solamente il 5% dei testi d’applicazione della legge “AGEC”erano stati effettivamente pubblicati. Ma quel che resta però della Legge antispreco per l’economia circolare del ministero della transizione ecologica francese è una chiara posizione statalista e inequivocabile sulla necessità di andare in profondità nella gestione dei rifiuti, non più come un comparto a sé stante ma piuttosto come l’ingranaggio finale, il risultato di una macchina socio-politica di produzione e consumo da dover correggere e disinnescare. E per poterlo fare è necessario non solo coinvolgere il cittadino ma far si che la transizione ecologica, se possa realmente avvenire, non si limiti ad una portata esclusivamente industriale e di progresso infrastrutturale, ma si radichi ancor prima anche nella realtà e nelle singole azioni. Come secondo il principio logico del “Rasoio di Occam”(sec. XIV) dove spesso, risulta inutile fare con più ciò che può essere fatto con meno (Frustra fit per plura quod potest fieri per pauciora).